Nel letargo del tempo
L’uomo torna animale
Asseconda il proprio sé e i sogni primari
Si nutre, si tocca, si riposa, si guarda, si sente in gabbia ma è solo una grotta dalla quale non può uscire perché smetterebbe di respirare e priverebbe allo stesso tempo altri del respiro.
Ma gli altri esistono ancora?
Si domanda sentendoli cantare.
Si chiede se c’è il sole davvero mentre guarda al di là delle finestre che danno su strada.
Dubita che la primavera verrà perché non potrà compiacersene e mancherà quindi il soggetto contemplante
Allora moriranno anche i ciliegi in fiore senza fare rumore…
Oggi che giorno è? Continuo a chiedermi ogni volta che apro gli occhi.
Come è sempre stato durante questa vita
Io muoio
Io rinasco
Ogni giorno
Ma in questo vuoto apparente io resto ignorante e disorientata seppur il mio spazio-limite sia sempre il medesimo.
Sono un uroboro che si prende attimi per interrompersi ma che continua a riformarsi per necessità di sopravvivenza.
Ogni notte mi chiedo se sia davvero notte e mi rispondo che in futuro quando potrò respirare il tramonto allora sarò pervasa da quel sentire che mi manca.
E mi abbraccerò ancora.
Intanto penso anche io ai bisogni primari
Mi sovra-nutro come ho sempre fatto ma questa volta con una cura di tempo in più.
Mi chiedo se quest’anno riuscirò a controllare il mio cancro in gola.
Nel frattempo però a questo non penso.
Non vorrei mai morire in quarantena anche se ritengo rischiosa la reclusione in casastudio.
Mi sono vista già tre volte perdermi dissanguata battere la testa sullo spigolo di un mio lavoro.
Intanto opero a distanza come interventi a cuore aperto digitalizzati e realizzati da una Reverie medico attraverso una macchina virtuale. Il cuore torna a battere sano e le mie opere stanno bene.
Mi perdo negli onirismi necessari che per me si riducono a dimostrazioni di affetto.
Io che ho fatto della purezza la mia chiave
Mi trovo a immaginare baci sporchi, leggi del non contatto infrante, scambi di umori e odori annusati da vicinissimo, relazioni a sei mani. Come un condannato, esprimo ultimi desideri.
Intanto lavo le mani, le tempie, lo schermo del telefono e risciacquo anche le mie letture.
Appoggio il viso su un ricordo. Spalla su spalla. Specchio a specchio. Cuore a cuore. Cantiamo insieme il silenzio mentre giro la clessidra.
Un’altra ora è passata e io l’ho pesata. 3,2 kg di sabbia e desideri. Domani la romperò ho deciso ma per oggi ancora sopravvivremo insieme…